Dalla fine del seicento all'inizio del declino, Venezia si racchiude in sè stessa, nell'orbita della sua indipendenza, delle sue memorie, della sua estrema avidità di vita, come se si trattasse di una creatura viva che sente sospesa la malinconia d'un tempo ineluttabile che passa e si trasforma in realtà.
L'idea dominante del lungo tramonto e l'illusione, una forma di abbaglio della coscienza politica e sociale per cui ci si afferra al passato non potendo dominare il presente, e senza intravvedere luci o indicazoni per il futuro.
E nella Venezia del 700 si impongono il teatro lirico e di prosa, con il tipico stimolo all'evasione che essi e la musica comportano nell'epoca.
Ed in questo periodo si diffondono i giocolieri , gli indovini, i cantastorie tra il popolo, e i pittori, i musicisti ed i poeti tra la nobiltà, quasi per far svolgere lo sguardo a qualche altra cosa che non sia la realtà, verso una divagazione raffinata, composta come un minuetto , regolata da un clima sociale sospeso in un comune senso di gioco, allietato dalle musiche, dai colori, e dalle opere artigiane raffinate e di squisita fattura.
L'arte del settecento veneziano è forse la più rarefatta, impalpabile, quasi irragiungiubile da…